ChiudiLa maglia da calcio inglese
Il gioco del calcio si diffonde in Inghilterra a metà dell’Ottocento all’interno di scuole e società sportive. Lì vengono redatti i primi regolamenti per le partite interne. I giocatori indossano abbigliamento comune, spesso le camicie bianche caratteristiche del cricket, e si distinguono con copricapi o sciarpe colorati.
Nel 1857 si menziona un berretto double-face nelle regole dello Sheffield FC: “Ogni giocatore deve dotarsi di un berretto di flanella rosso e blu scuro, un colore da indossare per ogni lato.”
Intorno al 1870 compaiono le prime divise con i colori associati ai club di appartenenza. I giocatori compravano da sé maglie di fattura artigianale ed esisteva una notevole varietà nei dettagli della confezione all’interno della stessa squadra.
Nel 1879 viene fondato Bukta, il primo marchio di abbigliamento sportivo del Regno Unito.
La maglia da calcio inizia ad essere chiamata “jersey” dal tessuto comunemente usato per la confezione. Per le camicie il tessuto più diffuso era l’Oxford, creato anni addietro per gli studenti delle università e apprezzato perché traspirante e resistente.
Assieme alla tinta unita erano comuni le maglie a quarti o a bande orizzontali. Nel 1887 viene inventata una macchina per la realizzazione di tessuto tinto filo in bande verticali, che ha subito buona popolarità.
I giocatori portavano spesso cucito sulle maglie della propria squadra il distintivo delle contee o delle nazionali, che venivano selezionati a rappresentare.
L’uniformità della divisa all’interno delle squadre si raggiunge nel 1885 con il riconoscimento del professionismo da parte dalla Football Association. I club provvedono alla fornitura delle divise. I modelli restano conformi all’abbigliamento pratico diffuso all’epoca: camicie con abbottonatura popover, maglie serafino o con girocollo di derivazione marinara. I club iniziano ad adottare sul petto ricami caratteristici.
Dal 1909 ai portieri venne richiesta una maglia differente dal resto della squadra per meglio essere distinti.
Nel 1920 viene fondata la Humphrey Brothers Clothing, che nel 1924 diviene la Umbro.
Negli anni ’20 sono comuni i laccetti, spesso subito tolti dai giocatori. Si anticipano così i futuri scolli a V. Per i modelli serafino ora il girocollo è talvolta a costine e iniziano ad essere apprezzati i colletti in stile polo.
Nel 1921 la Football League decreta che, in caso di somiglianza dei colori delle divise, la squadra ospite avrebbe dovuto indossare una seconda maglia.
Negli anni 30’ viene progressivamente abbandonata la maglia chiusa da laccetti a favore di un ritorno alla camicia popover. Continua la diffusione della maglia polo con diverse fogge di colletti.
Nella seconda parte degli anni ’40, accanto alla camicia popover ancora presente, diventa predominante la polo con abbottonatura nascosta, tipica del rugby.
Questo stile di polo rimane popolare nella prima parte degli anni ‘50 insieme alla camicia, ora spesso a maniche corte.
Nel 1954 La Umbro promuove un modello di maglietta più snello e con scollo a V a costine, che sarà di riferimento negli anni seguenti.
All’inizio degli anni ’60 le maglie con girocollo a costine soppiantano quelle con scollo a V fino a diventare nel corso del decennio il modello più indossato.
Per il tessuto delle maglie dei portieri si abbandona la lana in favore della felpa. Al girocollo si abbinano maniche a giro, come nelle divise degli altri calciatori, o maniche raglan, che favoriscono il comodo movimento della spalla.
Negli anni ’70 diventano di moda il piqué e le maglie con un colletto montato sopra allo scollo a V o con un inserto a V chiusa. Questi design erano stati sporadicamente proposti già dagli anni ’50, ma senza riscontrare successo. Anche la divisa del portiere segue lo stesso stile.
A metà del decennio Admiral, Umbro, Bukta e Adidas appongono il proprio logo sulle maglie per proteggerne la commercializzazione con un copyright.
In Inghilterra nei primi anni ’80 viene permesso ai club di indossare delle maglie con il marchio dello sponsor.
La fibra naturale di cotone viene sostituita dal poliestere, che è una materia plastica, in parte perché è più leggero e meno assorbente l’umidità, ma soprattutto perché è più economico e più adatto a rappresentare loghi a mezzo della stampa a sublimazione.
Avviene così la trasformazione delle maglie da abbigliamento a gadgets promozionali e qui termina la narrazione che Big Sunday racconta attraverso i suoi capi.
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